mercoledì 24 dicembre 2014

Notte di Natale

"Dorma bellizza mia, dorma e riposa
Chiuda a vuccuzza ca para na rosa,
Dorma squetatu, ca te guardu io
Zuccaru mio.

Dorma e chiuda l'occhiuzzu tundu tundu,
Ca quandu duarmi tu, dorma llu mundu
Dorma llu mare, dorma lla tempesta,
Dorma llu viantu e dorma lla foresta.

U suannu è jutu a cogliere jurilli
Ppe fare na curuna a ssi capilli,
E sta vuccuzza e milu cannamele
T'unta ccu mele.

Ccu n'acu mmanu è jutu supra a luna
A cusire li stilli ad una ad una,
Pue te le mminta ncanna ppe jannacca,
E cci l'attacca."

Vincenzo Padula



Il Presidente, il Consiglio Direttivo e tutti gli Associati
Vi augurano Buon Natale di cuore.



martedì 7 ottobre 2014

Il Nettare degli Dei


“Ora è la volta delle vigne. Il vignaiuolo ha scrutato il cielo e si mette frettolosamente all’opera per cogliere l’uva , prima che minacci la pioggia. I cesti d’uva sono buttati nel palmento. Accorrono le vespe e le zanzare. L’uva è gonfia, e si disfa da sola. Non è ancora pigiata che un rigagnolo rosso scende nel barile pronto sotto il palmento. I pigiatori affondano i piedi nel cumulo dell’uva, e il mosto corre schiumando a fiotti. La giornata è calda. Il mosto già fermenta, e riga i barili schizzando fuori. Le strade del paese sono percorse per tutta la giornata dai muli che portano i carichi di mosto, mentre i curiosi contano quanto ha fatto l’uno e quanto ha fatto l’altro.”
C. Alvaro

La nostra regione è da sempre la “terra dove si coltiva la vite”, non a caso chiamata ENOTRIA - la terra del vino - già dai greci che, approdati sulle sue rive più di duemila anni fa, oltre ad apprezzarne le meraviglie paesaggistiche, si innamorarono ben presto del suo vino pregiato.
Scrivo per scoprire insieme uno dei vini storici della Calabria, decantato dal senatore romano Plinio, apprezzato da Strabone, menzionato dall’archeologo francese Francois Lenormant, raccontato dallo scrittore britannico Norman Douglas, lodato per il gusto generoso da famosi enologi, come Luigi Veronelli.
Il vino SAVUTO, ha ottenuto il riconoscimento D.O.C. dall’Unione Europea nel 1975 e la sua area di produzione, che interessa 13 comuni della provincia di Cosenza e 6 comuni della provincia di Catanzaro, si estende lungo la valle del fiume Savuto, ossia, lungo il confine naturale tra le pendici del massiccio del Reventino a nord-ovest e la parte più meridionale della catena costiera che degrada e termina con il gruppo del monte Cocuzzo.

I vitigni del Savuto D.O.C./D.O.P. si distinguono proprio per la capacità di crescere in terreni accidentati e sulle pendici dei monti: il risultato è un vino nobile, dal sapore inconfondibile e dalle mille sfumature che lo rendono un’eccellenza a livello non solo regionale e nazionale, ma in questi ultimi anni anche internazionale.
Conosciuto fin dall’antichità il Savuto odierno è figlio di vitigni antichi, sempre molto amati e curati minuziosamente. Nel corso dei secoli è stato merce importante, tanto che la Calabria, ai tempi della sua sottomissione a Roma, pagava i tributi con il legname e con la bevanda, accettata di gran lena dai patrizi romani. Il suo valore è ormai da secoli una costante, che torna sia in letteratura nella definizione di “nettare”, sia nei numerosi riconoscimenti e attestati ricevuti, come accadde nel 1874 all’ Esposizione agraria di Cosenza, dove l’unica medaglia d’argento coniata per le aziende vinicole venne assegnata alla cantina del produttore Domenico Domanico di Rogliano, zona considerata il cuore vivo dell’eccellente produzione del Savuto. Lo stesso Domanico fu uno dei principali produttori a promuovere il vino Savuto in Italia e nel mondo.

Nel corso dei secoli, questo vino ha vissuto momenti di gloria alternati ad altri meno fortunati, fino alla distruzione dei vigneti avvenuta con le guerre e con l’invasione della filossera, il temibile parassita che si nutre delle radici delle viti, giunto in Europa dal continente americano intorno al 1850. Dopo la Seconda Guerra Mondiale ed un piano di recupero e rinnovamento, l’attenzione dei viticoltori si è focalizzata sulla qualità e non sulla quantità di produzione, considerando il Savuto un vino tipico di classe elevata che lo ha condotto, passo dopo passo, alla qualifica di Denominazione di Origine Controllata. Dalla raccolta dell’uva, fino all’imbottigliamento, la produzione segue da decenni gli stessi ritmi dettati dall’esperienza e dalla passione. Colore rosso rubino, sapore pieno e asciutto con profumo caratteristico, gradazione minima naturale di 12 gradi, questo vino può portare in etichetta la qualificazione Superiore a seguito di un periodo di invecchiamento di due anni e una gradazione che giunge a 12,5 gradi. Elemento di distinzione rispetto alle altre viti è la coltivazione ad alberello con cui crescono i vitigni del Savuto , un sistema antico praticato già dalla popolazione dei Bruzii nel III secolo a.C..

La viticoltura tradizionale calabrese, prevedeva coltivazioni polivarietali, ossia l’arte non sempre facile di accostare e mischiare le uve maggiormente rappresentative dei territori, favorendone la ricchezza e la diversità: il Savuto D.O.C./D.O.P. oggi risulta essere frutto di questo procedimento particolare, un vero e proprio mosaico di accostamenti, nel quale rientrano coltivazioni sia a bacca nera che a bacca bianca.
Attualmente, nella valle è in corso un attento processo di rivalutazione del nobile nettare, che ha risvegliato l’attenzione degli agricoltori e dei produttori, non solo locali, verso questa produzione particolare, molto richiesta ed apprezzata.
La Calabria è terra di originali profumi e gusti di forte intensità; i suoi vini, tutti di ottima qualità. Nel ventaglio della sua ricca produzione certamente il Savuto D.O.C./D.O.P. primeggia per sapore e qualità organolettiche.

Suggerimenti per la degustazione

Per conservare al meglio il Savuto D.O.C./D.O.P., poterlo apprezzare quando desiderato e godere al massimo del suo ottimo sapore, le bottiglie vanno tenute a riposo, coricate in apposite scaffalature di legno, al buio ad una temperatura costante tra i 10 e i 15 °C , con un’attenzione particolare all’umidità, che deve aggirarsi sul 70-75% in modo che il tappo non si asciughi.
La gradevolezza del suo aroma sarà poi intensificata se servito in calici bordolesi a 16-18°C, per il rosso, e a tulipano ampio tra i 12-14°C per il rosato, dopo averlo fatto decantare.

Specifiche della DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA

La produzione del vino a Denominazione d’Origine Savuto avviene nel cuore della valle che si apre verso la provincia di Cosenza con i comuni di Altilia, Belsito, Carpanzano, Grimaldi, Malito,Marzi, Pedivigliano, Scigliano, Rogliano e Santo Stefano di Rogliano, e in provincia di Catanzaro soprattutto nelle zone di San Mango d’Aquino, Martirano Lombardo e Nocera Terinese.
L’uva adatta ad essere Savuto D.O.C. si ottiene dai vitigni Gaglioppo (localmente battezzato Magliocco o Arvino), Greco Nero, Nerello Cappuccio e Magliocco Canino, per rosso e rosato; da Malvasia bianca, Pecorello, Greco Bianco, Mantonico, per il bianco. Si calcola una resa massima per ettaro pari a 110 quintali ed un ricavo massimo di uva in vino del 70%.
La gradazione minima è pari al 12%, con un’ acidità totale del 5 per mille ed un estratto secco netto minimo pari al 20 per mille.

Generalmente questo vino si accosta a tavola con primi conditi con sughi importanti e saporiti e zuppe di legumi, ma anche con arrosti di carne bianca e rossa alla griglia, capretto, salumi stagionati come la soppressata o gli insaccati piccanti e piatti a base di uova e formaggi, mentre il Superiore accompagna pietanze di impegno maggiore come la selvaggina e la cacciagione.

Mara Serianni

mercoledì 1 ottobre 2014

OTTOBRE

“Io sugnu Ottobre, gran fatigature,
e quantu granu nd’aju e siminare.
Me liavu de lu liattu all’arbat’ura,
pigliu i voi e vaju ad arare.
Intru i catuaj vullanu i vutti.
Io sugnu Ottobre, u cchiù russu de tutti”
“Io sono Ottobre, gran lavoratore,
e quanto grano devo seminare.
mi alzo dal letto all’alba,
prendo i buoi e vado ad arare.
Nei magazzini ribollono le botti.
Io sono Ottobre, il più rosso di tutti”


martedì 30 settembre 2014

…Torniamo all’opera…

“Sono finite le feste dell’estate, i pellegrinaggi e i fuochi artificiali. Ora è tempo di raccogliere in fretta quanto la terra ha dato, mentre i temporali d’autunno balenano all’orizzonte. Tutta la terra è rossa, e la sera le nuvole passano sui paesi come le ultime fiamme della terra arroventata. La campagna ch’era bella e piena, ingiallisce e si vuota. Gli alberi sono sconvolti e invecchiati dopo che è stato colto ogni frutto.. Alla prima alba fresca si ode il muggito dei buoi. Si scorge il contadino nel campo curvo sull’aratro. La pianura si riga di bruno come il campo d’uno stemma”.

Questo è il “Paesaggio d’Ottobre” che Corrado Alvaro dipinge nel suo “La Calabria – Libro sussidiario di cultura regionale” del 1925.

L’autunno è una stagione “malinconica” nell’immaginario collettivo, ma non per questo meno affascinante. Così, anche noi dell’Associazione Pedivigliano 200, dopo un po’ di riposo dalle “fatiche dell’estate”, siamo pronti per tornare a farvi compagnia e per riprendere il nostro viaggio, fra i saperi ed i sapori della nostra terra.

Dell’estate appena trascorsa portiamo con noi un bellissimo ricordo e tanta soddisfazione per il successo che hanno riscosso le nostre iniziative: la mostra di collezionismo, la sagra dell’estate e la partecipazione alla manifestazione “Calabresi in costume: civiltà e tradizioni” organizzata a Belsito dall’Associazione Torre Toscana (le foto sul nostro gruppo Facebook – altre notizie nelle sezioni rassegna stampa ed eventi del blog). Soprattutto, portiamo tante nuove idee, che certamente troveranno sviluppo nel corso dell’anno.

Ripartiamo con la gestione del Centro Sociale “Antonio Torchia”, presso il quale contiamo di organizzare tante iniziative culturali. Primo fra tutti l’approfondimento del “Progetto legalità”, partito in luglio con la proiezione del film “La mafia uccide solo d’estate” di Pierfrancesco Diliberto - Pif, che ha suscitato molto interesse.

Ne approfitto per invitare tutti coloro che ne abbiano voglia, a segnalarci, attraverso questo blog, sul gruppo Facebook o anche di persona, nuove idee e nuovi progetti, che saremo felici di prendere in considerazione.

Dunque, ben ritrovati e .. avanti tutta!

Il Presidente -
Francesca Mansueto

domenica 25 maggio 2014

Ultima domenica di maggio: Pedivigliano festeggia S. Espedito


L’ultima domenica di maggio, a Pedivigliano, è dedicata a S. Espedito.
Secondo la devozione popolare, sarebbe stato un martire cristiano del IV secolo. Sono poche le notizie relative alla sua vita. La credenza più diffusa dice che fosse contemporaneo di Santa Filomena di Roma, capo della Legione Romana fulminanti, probabilmente perchè i fanti leggeri erano detti nel linguaggio militare Expediti (liberi da impicci, agili).

Quando si convertì gli apparve il demonio sotto forma di corvo per indurlo a rimandare la conversione, ma il Santo fu risoluto e non desistette (gioco di parole tra verso del corvo e il latino cras, domani). Divenne monaco e fu martirizzato sotto Diocleziano.
E’ rappresentato come un soldato romano che porta in mano un ramo di palma e una croce con la scritta hodie (oggi); il suo piede schiaccia un corvo che pronuncia la parola cras (domani), per insegnarci che non dobbiamo mai dubitare della Onnipotenza di Dio, né aspettare il domani per pregare con fiducia e fervore.

Nel 1781 il Santo fu proclamato protettore dei mercanti e dei navigatori. E’ anche considerato il Santo Patrono delle cause “urgenti”. Ciò potrebbe derivare da un’interpretazione del suo nome Expeditus (veloce). Sarebbe il Santo che esaudisce subito le richieste dei devoti senza attendere domani, deputato alle richieste impossibili o alle faccende urgenti. E’ il Santo dell'undicesima ora, che non è mai invocato troppo tardi, sempre però come intercessore presso la Santissima Vergine.

Tutti i pediviglianesi ricordano la grande fiera che si svolgeva un tempo, in occasione della festa. Essendo la prima delle feste nella stagione mite, il mercato era un grande appuntamento per i contadini che coglievano l’occasione per commerciare animali, scambiare i prodotti della campagna e le piantine. La fiera ha perso di importanza da quando per ragioni sanitarie, non è più stato possibile esporre gli animali nei centri abitati. Oggi si allestisce solo qualche bancarella e immancabile è la tradizionale Processione del Santo per le vie del paese.

Rosario di S. Espedito
Santo Espedito in nostro Redentore
Prega per noi il nostro difensore.
Giorno di Gloria giorno di pianto
Santo Espedito ci copre col suo manto.

Matilde Coccimiglio

venerdì 23 maggio 2014

“Perché una società vada bene,
si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia,
dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti fra i vari consociati,
per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore,
basta che ognuno faccia il proprio dovere”.



23 maggio 1992 – 23 maggio 2014

L’Associazione Pedivigliano200 ricorda
il Giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo,
gli agenti Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.


giovedì 1 maggio 2014

1 Maggio, festa del lavoro: perché si celebra e perché ha senso continuare a celebrarla.

Certamente, la domanda che oggi ascolteremo più frequentemente è: “che senso ha celebrare la festa del lavoro oggi, che la disoccupazione affligge la maggior parte delle famiglie?”.
Probabilmente, quindi, risalire alle radici di questa festa può regalare ad ognuno di noi l’entusiasmo verso un valore che si considera ormai perduto.

La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori, viene celebrata in molti Paesi del mondo per ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti dai lavoratori in campo economico e sociale. In particolare, si ricordano le battaglie per il diritto all'orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore.

La data del 1 maggio è stata scelta per commemorare i gravi incidenti accaduti nei primi giorni di maggio del 1886 a Chicago, conosciuti come rivolta di Haymarket. Il 3 maggio, i lavoratori di Chicago in sciopero si ritrovarono all'ingresso della fabbrica di macchine agricole McCormick. La polizia, chiamata a reprimere l'assembramento, sparò sui manifestanti, uccidendone due e ferendone diversi altri. Per protestare contro la brutalità delle forze dell'ordine gli anarchici locali organizzarono una manifestazione da tenersi nell'Haymarket Square, la piazza che normalmente ospitava il mercato delle macchine agricole. Ma il 4 maggio la polizia tornò a sparare sui manifestanti provocando numerose vittime.
L'11 novembre del 1887, nella stessa città, quattro operai, quattro organizzatori sindacali e quattro anarchici furono impiccati per aver organizzato l’1 maggio dell'anno precedente lo sciopero e una manifestazione per le otto ore di lavoro.

In Italia la festività del primo maggio fu ufficializzata nel 1891, soppressa durante il ventennio fascista - che preferì festeggiare la Festa del lavoro italiano il 21 aprile, in coincidenza con il Natale di Roma - e ripristinata subito dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945.
Nel 1947 la ricorrenza venne funestata a Portella della Ginestra (PA), quando la banda di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone undici e ferendone una cinquantina.
Il 1º maggio 1955, Papa Pio XII istituì la festa di San Giuseppe lavoratore, perché tale data potesse essere condivisa a pieno titolo anche dai lavoratori cattolici.
Dal 1990 i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, in collaborazione con il comune di Roma, organizzano un grande concerto che si tiene in piazza San Giovanni, dal pomeriggio a notte, con la partecipazione di molti gruppi musicali e cantanti, ed è seguito da centinaia di migliaia di persone, oltre a essere trasmesso in diretta televisiva dalla Rai.

In tema di lavoro non possiamo dimenticare l’importantissimo riferimento dell’art. 1, comma 1, della Costituzione italiana : “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
I padri costituenti, attraverso questo richiamo, hanno fondato il concetto di uno Stato che affida al cittadino la responsabilità del proprio futuro e valuta la dignità di ogni individuo in base a ciò che riesce a realizzare, indipendentemente dalle condizioni di partenza. L’idea di “democrazia fondata sul lavoro” ci dovrebbe rimandare ad una società che immagina il lavoro come uno strumento di liberazione individuale e di emancipazione personale. La democrazia stessa si rafforzerebbe proprio grazie a questa concezione: l’impegno ed il merito individuale premiati in una cornice di interesse generale.

Oggi, purtroppo, il lavoro sembra aver perso le sue caratteristiche più profonde: si parla di consumatore e non di lavoratore e la condizione di precarietà del lavoro impedisce a molti la costruzione serena del proprio futuro. Il lavoro appare unicamente come via per la sopravvivenza. Non più un diritto, ma un colpo di fortuna.…ed alle giovani generazioni il dettato costituzionale sembra una fiaba letta in un vecchio libro. Insomma… “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro… a tempo determinato”.
Non solo precarietà lavorativa: senza un lavoro sicuro e stabile, la possibilità di crescita individuale diventa un miraggio e una società precaria torna ad essere una società immobile, basata sull’appartenenza di classe, fondata sulla fortuna e sul caso.

In questo clima di sconforto, è bello ricordare le parole di Piero Calamandrei, padre costituente.

“Se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne, dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità andate li, o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione.”

Pochi versi a rammentarci che la Costituzione venne scritta con speranze e sogni, non solo con le parole. Per questo non dovremmo mai perdere di vista i valori che tutela. Dimenticarlo significa perdere la capacità di immaginare un mondo più giusto.

…per ritrovare questi valori ha ancora senso celebrare il primo maggio! Buona festa a tutti!

Il Presidente -
Francesca Mansueto

domenica 20 aprile 2014

La Domenica delle Palme e i riti della Settimana Santa tra fede e tradizione.

A Pedivigliano si sono conservate, e sono molto sentite, le tradizioni dei suggestivi riti pasquali della Settimana Santa.
La Domenica delle Palme, ricordando l'ingresso di Gesù a Gerusalemme accolto trionfalmente dalla folla, per le vie del paese si svolge una processione, muovendo da Pittarella, dalla croce passionista, o dalla Piazza Sarsale, dove vengono benedette “e parme”, per confluire nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo. “A parma” è un fascio di rami d’ulivo, alloro e rosmarino, che le persone portano con se per ricordare i rami di palma con cui era stato salutato Gesù. Le parme dei bambini sono abbellite ed addobbate con cioccolatini e con le uova di Pasqua.
Dice il proverbio: “ parma ciuciulusa, gregna gravusa” -la pioggia della Domenica delle Palme giova alle colture di grano.

Il Giovedì Santo, prima della messa “in Coena Domini”, si allestisce l’altare della reposizione – “U sumburcu”, adornato di germogli di orzo, grano, avena, seminati e fatti vegetare al buio per conservare un colore bianco-giallo . Per tutta la notte il Santissimo Sacramento sarà vegliato, mentre la chiesa è spoglia e le statue dei Santi sono coperte.

Pedivigliano – U sumburcu

Il Venerdì Santo, giorno di lutto, di sobrietà e di astinenza dalla carne , non viene consacrato il Santissimo Sacramento. La liturgia inizia nel silenzio come si era chiusa quella del giorno precedente e come si apre quella della veglia di Pasqua nella notte del Sabato Santo, quasi a sottolineare come il Triduo Pasquale sia un'unica celebrazione per i Cristiani. Nella serata, per le vie del paese si svolge la Via Crucis e vengono portate in processione la statua del Cristo morto, trasportata da bambini e ragazzi, e quella della Madonna Addolorata, trasportata dalle donne. Le campane non suonano in segno di lutto e i fedeli sono richiamati alle celebrazioni dal suono della “tocca”: uno strumento composto da una tavoletta di legno dotata di due maniglie di ferro che, agitate, cozzano emettendo un particolare rumore.

Il Sabato Santo, giorno di silenzio, secondo la tradizione, le famiglie di Pedivigliano pranzano con la frittata di cipolle e salsiccia.
Le tavole sono imbandite dei tradizionali dolci: “pizze”, “martialli”, “panare”, “buccunotti”. Le pizze hanno forma di ciambella e sono decorate da tante uova quanti sono i componenti della famiglia; in passato, quando due persone erano fidanzate la sposa portava al futuro sposo una pizza con sopra nove uova (“allu zitu, nove mu s’adova” : allo sposo nove uova perché si adagi, stia sereno), mentre alla futura sposa la suocera portava una pizza con sette uova (“alla zita, sette mu s’assetta”: alla sposa sette uova perchè obbedisca).


I martialli hanno forma di bambolotto con un uovo racchiuso nella testa, e sono preparati per i bambini, mentre per le bambine si preparano le panare a forma di cestino, con un uovo dentro.

Pizze, martialli e panare sono preparate con lo stesso impasto:
INGREDIENTI
400g di zucchero, 200g di strutto, 2 bustine di lievito per dolci, 5 uova,1 limone, vermout, farina quanto basta.
PROCEDIMENTO
Impastare tutti gli ingredienti, aggiungendo la farina un po’ alla volta, fino ad ottenere un impasto morbido. Dare la forma desiderata, posizionare le uova ed infornare. A cottura ultimata, decorare con lo zucchero (nnaspru).

Buccunotti:
INGREDIENTI
4 uova, 400g di zucchero, 250g di strutto, 1 bustina di lievito per dolci, 1 kg di farina, mostarda.
PROCEDIMENTO
Impastare tutti gli ingredienti. Porre una piccola parte di impasto negli appositi stampini. Adagiare al centro un cucchiaino di mostarda ed infine ricoprire lo stampino con altro impasto. Infornare gli stampini. Decorare con zucchero a velo.

Ovviamente, da noi le feste pasquali non si concludono con la Pasquetta, ma “ccu llù Pasqune”!

*a tutti gli amici che volessero documentarsi più diffusamente sui riti e le tradizioni della Settimana Santa, consigliamo il volume “La Domenica delle Palme e i riti della Settimana Santa nel cosentino” – di A. Malito, F. Sansalone, G. Sirianni, E. Sottile, pubblicato da Atlantide Edizioni e distribuito nelle edicole di Cosenza e Provincia.

Gilda Cerra

sabato 12 aprile 2014

Benvenuti!

E così … eccoci! Sono molto felice di dare il “Benvenuto” a tutti gli amici che vorranno visitare questo spazio virtuale, creato, a cura dei membri dell’Associazione culturale Pedivigliano200, ad ulteriore supporto delle nostre attività.
Il blog sarà uno strumento per poter condividere, con tutti gli appassionati ed i curiosi, tanti spunti di riflessione.
Cercheremo di raccogliere tutti i suggerimenti e di “indagare” sugli argomenti che vorrete proporci. Parleremo insieme a voi di argomenti di attualità nazionali e locali; di storia, di cultura e di arte. Ancora, attraverso il nostro lavoro, proveremo a fornire a tutti una ragione in più per credere nelle potenzialità della nostra terra.
Dunque, animati dall’entusiasmo proprio di coloro che hanno compiuto un nuovo passo lungo il loro cammino, intraprendiamo questa avventura.
Non mi resta che augurarvi, a nome di tutti, una buona passeggiata fra le nostre pagine, e darvi appuntamento al prossimo post! Buona Pasqua di cuore.

Il Presidente -
Francesca Mansueto